Pancia gonfia, intestino pigro: cosa mangiare?

Consigli pratici e ricette per una corretta alimentazione

Da circa trent’anni entro nello stomaco e nell’intestino dei miei pazienti con fibre ottiche e microtelecamere per diagnosticare e curare malattie dell’apparato digestivo. In circa l’80% di queste persone non si riscontra nulla che possa spiegarne i sintomi, ma ciò non vuol dire che non esista “un problema”.

L’apparato digestivo, infatti, non ci crea disturbi solo quando presenta delle lesioni “organiche”, ma anche e soprattutto quando non “funziona” bene e questo dipende quasi esclusivamente da noi: semplificando al massimo potrei dire che dipende da come affrontiamo i problemi della vita e da cosa e come mangiamo.
Per aiutare i miei Pazienti a risolvere il primo punto li invito a leggere o a frequentare corsi di Mindfulness (la terapia della consapevolezza); per il secondo punto, invece, non ho trovato nessun manuale pratico ed è per questo che ho deciso di scriverne uno.

Negli ultimi anni si è assistito ad un interesse sempre più crescente dei mass media per tutto ciò che riguarda il cibo e la cucina, ma questo non vuol dire che stia aumentando la pratica del cucinare domestico, intendo quello di tutti i giorni, anzi è quasi completamente scomparsa. Non è questa la sede per analizzarne le cause: è un dato di fatto, spesso non si ha più il tempo di fare la spesa, figuriamo di cucinare! E allora si entra nel supermercato di corsa prima di tornare a casa dal lavoro stanchi, molto spesso scontenti, ed ecco che il cibo pronto e consolatore, che l’industria alimentare ha messo a punto per noi, viene preso dallo scaffale e buttato nel carrello della spesa.
Ma anche quando vogliamo comportarci in modo non compulsivo non sappiamo orientarci nelle nostre scelte perché le informazioni che ci raggiungono attraverso la televisione ed i giornali sono spesso contraditorie e dettate da “mode” piuttosto che da principi nutrizionali scientifici.

Noi non nasciamo con un libretto di istruzioni per l’uso incorporato perché, fino ad alcuni decenni fa, non ce n’era bisogno: si mangiava quello che proveniva dalla natura e dal nostro lavoro, che era un lavoro fisico. Per procurarci il cibo ci si doveva muovere, quindi per ogni 1.000 Kcal assunte c’era almeno un 20% di Kcal consumate per produrle. L’iperalimentazione era una eccezione: perché lavorare di più per procurarci del cibo che non serve? Questo è ben evidente nel mondo animale: avete mai visto un animale “obeso” in natura? A parte gli esempi di adattamenti biologici a condizioni estreme (letargo o preparazione a lunghi periodi di digiuno) la risposta è “no”, in quanto da un punto di vista energetico non sarebbe vantaggioso: perché correre dietro ad una preda (e bruciare energia) se non si ha fame ( e quindi non ho bisogno di energia)?

Tanto è vero che se la fame non fosse una sensazione così dolorosa e il suo appagamento non fosse così piacevole chi ce lo farebbe fare di procurarci il cibo con fatica? Per stimolarci a compiere tutte quelle attività senza le quali ogni specie animale si estinguerebbe da sola, senza motivo, la natura ha messo in palio dei “premi” . L’atto della riproduzione e della alimentazione, infatti, sono “premiati” dalla natura con il rilascio, da parte del nostro cervello, di sostanze chimiche definite “del benessere”, le quali ci fanno sentire particolarmente bene. Soprattutto gli zuccheri ed il sale, difficilmente reperibili in natura, ma necessari al nostro metabolismo, sono ampiamente premiati con la liberazione di endorfine. Quando, dopo una giornata pesante, si ha voglia di mangiare qualcosa di dolce o di salato non è il nostro corpo ad averne bisogno “per un calo di zuccheri o di sali”, ma è il nostro cervello “per un calo di endorfine”.

Per il nostro apparato digestivo gli alimenti “giusti” sono quelli che ci potremmo procurare se vivessimo a contatto con la natura lavorando solo con le nostre forze. Sicuramente mangeremmo tanta frutta, verdura e cereali provenienti dal nostro orto, compresi tuberi e legumi, qualche uovo, un po’ di latte e suoi derivati e un po’ di carne: non avremmo infatti la forza per allevare da soli più di qualche gallina ed una o due mucche e non le ammazzeremmo tanto volentieri perché ci costerebbe di meno mangiare i loro prodotti che la loro carne. Se vivessimo al mare o vicino ad un fiume o ad un lago, andremmo qualche volta anche a pescare per integrare, senza grande sforzo, le proteine di origine animale. Ecco fatto, adesso andate a fare la spesa e mettete nel carrello quello che avreste potuto produrvi da soli usando solo le calorie che in media consumate al giorno con il lavoro e l’attività fisica che fate. Vi sembra un suggerimento troppo drastico? Ho solo cercato di spiegarvi che il nostro “libretto di istruzioni” è a portata di mano, basta solo volerlo seguire.